Stanco del tentativo?
Voglio essere capace. Voglio qualcuno che mi insegni. Voglio un maestro.
A contarli quelli che ho incontrato nella mia vita, faccio alla svelta: tre, quattro. Penso a chi, disinteressatamente, camminandomi a fianco, mi ha fatto vedere, provare, toccare con mano, si è fermato con me quando il passo si allungava e il fiato si faceva corto, per vedere com’è che funzionava tutta questa storia qua. Parlo di chi accompagnandomi per un pezzo di strada già da lui percorsa, mi portava al bivio giusto della vita mia, senza mai scegliere per me ma senza nemmeno risparmiarsi l’ultimo consiglio, imparato come una litania mandata a memoria per poi essere cantata come balsamo nelle notti solitarie dello spirito, nelle giornate buie disseminate lungo ogni cammino.
Perché anche se certe fatiche e sofferenze non si possono evitare, né ci si può per tempo attrezzare perché non ci feriscano, il rigore, la giustizia, l’onestà, la ricerca della verità, sono sostanza vera che forma, tempra e rende solida la corteccia dell’albero; piccolo albero, un fuscello, a guardarlo sembra sempre fragile, debole, sferzato dal vento.
E sono stato testardo a fare di testa mia e ho sbagliato e qualcuno di maestro l’ho proprio evitato, dribblato, scansato. Io, sarvégo*, soffrivo l’addomesticare, il mettere in riga, l’inquadrare. E ancora oggi son così e un po’ son contento di questo animo ribelle che rigurgita facili sentenze e scansa e respinge anche il più semplice dei giudizi. Ma un po’ anche no e me ne dolgo perché a guardarci dentro, oggi, vedo due macro fenomeni in parte correlati: il diffuso scarso(issimo) interesse per l’apprendimento di una qualsiasi cosa (e di qui il proliferare della cultura del tentativo, del tutto e subito) e la apparente scomparsa di personaggi di riferimento che ci facciano da guida. Quale dei due processi sia o sia stato conseguenza dell’altro non mi è chiaro ma sono convinto del loro muto auto alimentarsi. Questo vedo e ne soffro a non trovarne più e poi io non sono capace di questo tutto e subito e poi neanche lo voglio.
Qualcuno imputa questo tentativo di saggezza alla mia età e me ne dispiace, un po’ per me, per come questo impulso dovesse giungermi prima, dovesse essermi più urgente; un po’ invece per chi così lo stima perché non dovrebbe essere dei vecchi la saggezza, dovrebbe esserlo solo l’esperienza.
Perché se non c’è un mondo di giovani “saggi” all’orizzonte, semplicemente, nulla vi è.
*sarvégo, “selvatico” in dialetto genovese.
One Comment on “Sarvego”
Apprendere, imparare qualcosa di nuovo, cambiare, espolrare, innovare…in pratica progredire.
Progresso vuol dire cambiamento, vuol dire migliorarsi, vuol dire imapare qualcosa di nuovo, vuol dire rendersi utile, vuol dire stare meglio. E rendersi utile vuol anche dire condividere qualcosa con qualcuno, insegnare, aiutare, allenare. La mente, il cuore e lo spirito. Il proprio, quello di un amico, quello di una compagna. Mai fermi.