Che cos’è questa sensazione di affanno che per anni ha affollato i miei pensieri in questo giorno?
Oggi a guardare indietro, mi pare che la parola sia da sempre stata usata prima di tutto come strategia educativa: di certo per quello che la parola dice ma molto di più in quello che essa suscita. E quello che suscita è un enorme, irrisolto e più di ogni altra cosa immotivato, sentimento di colpa.
Questo è il peccato originale: imperdonabile a meno di un nuovo battesimo, di un’improbabile resurrezione.
Aver instillato chirurgicamente in questa cultura la sensazione di perenne violazione della legge, di un obbligo morale insindacabile, di un precetto ontologicamente giusto, inspiegabilmente sceso dal cielo, è responsabilità di uomini e non di divinità. Uomini che influenzano (e hanno influenzato) le persone attraverso la bacchetta di una rigorosa disciplina auto assolvendosi dal dilemma di una verità vera per tutti scambiata con una menzogna addirittura virtuosa!
Andrebbe rincorsa l’origine del male: la fame di potere, il desiderio di controllo dell’altro e la bramosia dell’ozio. La via più semplice, ce lo dice la storia, è imbastire una guerra: stabilire un parte e dichiarare che chiunque ne sta al di fuori è altro e per questo illegittimo, meritevole di essere combattuto, annientato, soggiogato.
Ma se la guerra prevede un nemico, la religione invece non solo non lo vuole, ma tenta anzi di convincere l’opposto, convertirlo, di farlo parte di sé, fagocitarlo; eppure da sempre, da quando esistono, le religioni hanno scatenato innumerevoli conflitti, vuoi per la presunta maggiore giustezza di un gruppo di persone, per il reclamato diritto di un suolo o per per l’imposizione della legge e delle idee.
E dio?
E la verità?
E se, allora la vera verità fosse quella che è stata lasciata (seminata) in sé nell’uomo: vera per se stesso nella realtà in cui vive, circondato da simili o da diversi. Che egli la sappia riconoscere nell’altro e che l’altro la sappia riconoscere in chi ha di fronte, e causa di ancor maggior difficoltà, che entrambi rispettino queste due entità come entrambe vere e incorruttibili, è l’unica possibilità. Sempre.
Incondizionatamente.
E questa è libertà.
Se non si capisce è giusto che oggi ci si senta crocifissi.