Apologia

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Qual è che hai attorno?
Quanto di sofferto, voluto
e prima desiderato, sognato?
Di cosa ti sei circondata?
E quale il movimento:
ti sei avvicinata o hai tratto?
Ciò che rimane è somma.
Lunga fila di addendi in spazi vuoti.
Non ti stupire allora
di questa ulteriore inutilità.
Perché a sublimare l’essenza del dono,
che nulla già vuole a cambio,
cosa si può di più
di ciò che non serve?
Difficile sarebbe: pensato,
forse nemmeno immaginato;
questa sia ricerca,
senza cogliere frutto,
né vendemmia, né raccolto.
Che non si bestemmi il sudore del campo,
si rimanga a versarlo sul pane.
Di questo non ci si mangi,
non ci si campi. A che scopo?
Balsami e lozioni non osano di meglio.
Ma a goderne appieno di una volta.
Anche solo una volta.
Di questa oscena
mancanza di uso.

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