Brivido

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Quella mattina Paolo, si era svegliato di buon’ora come era solito fare. La sua giornata iniziava sempre con il canto delle lodi, una tradizione ereditata dalla nonna che lo aveva allevato come una seconda madre. Gli piaceva recitare quelle parole sotto al portico dell’oratorio che dava verso ovest, dalla parte dove il sole tramontava, perché da lì si vedeva scendere piano l’ombra di quel grande palazzone che dal fondo della strada veniva proiettata all’alba, fin sulle case di fronte. Era grazie a quella discesa, immaginata come un contrappeso che sarebbe riuscito a far salire la sua preghiera fino a Dio. Paolo in quel momento decise che da grande avrebbe voluto fare il prete.

Ritorno

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Il fischio delle ruote che si arrestano mi ha sempre ricordato quello del gesso trascinato sulla lavagna di ardesia, solo moltiplicato per mille: metallo contro metallo, efficienza meccanica, attrito, calore. Qua fuori stasera invece è freddo e l’arrivo, previsto alle ventitré e trenta, si è caricato dei canonici dieci minuti di ritardo. Addosso mi resta quell’odore denso delle mattine alle sei negli anni dell’università, della condensa sui finestrini d’inverno e dei vagoni maleodoranti: il ricordo di un’Italia che aveva avuto l’illusione di avercela fatta e invece si sarebbe poi vergognata di quei giorni. È la mia stazione, mi preparo, scendo i tre gradini e atterro sulla banchina vuota e gonfia di una impenetrabile coltre di nebbia. Il primo respiro mi riempie i polmoni di bruma e una scarica di freddo e umido mi dà un piccolo brivido, uno di quelli che sale dal fondo schiena e si arrampica su fino alle spalle, spinge il petto in fuori e fa avvicinare le scapole. Dura solo un istante perché alle boccate successive, l’organismo si è già abituato: ha fatto la memoria negli anni della giovinezza.

Cemento

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Sono uscito la mattina che nevicava, me lo ricordo bene perché i fiocchi venivano fitti e aprendo le labbra ne avevo acchiappato qualcuno. In bocca avevano il sapore secco delle strade di cemento e io ogni volta pensavo che avessero quel gusto perché cadevano in città, anche se lo sapevo che non era mica quello il motivo. Quando ero piccolo, al sabato andavo sempre in campagna dove abitava mia nonna e lì il cemento non c’era. Certo, sì un poco, ma giusto quello che serviva a tenere insieme due case. A volte d’inverno nevicava così forte che dovevamo fermarci fino alla domenica; gli spazzaneve non li avevano ancora inventati e solo dopo molte ore passava il trattore con attaccata la pala a fare “la calà” sulla strada. Perché se poi avesse continuato a nevicare, gli sarebbe toccato di rifarla un’altra volta e allora lui se ne stava sempre calmo ad ... Read More

Stella cometa

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Fissate questa immagine. Osservate queste due stelle per un paio di secondi e poi continuate a leggere. Le avete guardate? Vedete, queste due stelle non sono uguali: una è più grande dell’altra. Ora chi è che pensa che la stella gialla sia più grande? Se pensate che la stella gialla sia più grande, alzate la mano in questo momento. E chi invece pensa che la stella nera sia più grande? Se pensate che la stella nera sia più grande, alzate la mano in questo momento. Forza, non c’è tanto da stare a pensare, è evidente, no? Veloci veloci, decidete! Fatto? Bene ora pensate a quale è … Read More

Molti verbi ancora

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Vi conosciamo da tanti anni Vi conoscete da tanti anni Vi siete abbracciati sfuggiti nascosti inseguiti ascoltati amati perdonati emozionati chiamati Vi siete trovati Trovati nel senso di cercare (prima) e nel senso di azzeccare (poi) E vi siete talmente tanto azzeccati che oggi vi siete sposati Molti verbi ancora accadranno Alcuni al di fuori di voi Altri, come benedizioni, dentro di voi Che tutti questi verbi vi trovino come siete oggi Sposi

Tra due

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Mi avvicino, osservo: accelera. Mi allontano, sfuoca: rallenta. Uno per uno li conto, mischiàti dell’altro, il suono che ne esce fluttua, continuo. Irregolare. Colpi sovrapposti, sordi, ci alzano il petto. Rimbombano nella distanza che ci fa estranei. È solo se ti attraverso e respiro il tuo odore che ti metto dentro di me. E il ritmo si accorda, domestico, l’uno all’altro. Tra due, in fondo, un respiro muto, in ascolto. Nessun rumore. Pieno di vita. Il silenzio è lo spazio tra due battiti del cuore.

Lecca

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Sono sicuro che la mia lettera giace, pronta per essere spedita, sulla superficie del comodino che hai sul lato destro del letto. È come una piccola isola di serenità nel bel mezzo di quello che potremmo facilmente chiamare un caos totale. Libri, giornali, vestiti, sparsi in tutta la stanza, circondano quella piccola quantità di luce, l’unica che sembra priva di polvere. Un giorno hai scoperto un percorso diritto dentro di te e hai deciso di cavalcarlo. Così hai scritto, molte settimane fa, in uno di quei giorni di pioggia così comuni che avete dalle tue parti. Dopo tutto questo tempo che è passato, probabilmente non sarai più così tanto d’accordo con una parte del testo, scritto in quei primi giorni in cui la … Read More

Limpido

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Mi ricordo un po’ di anni fa della tua innocenza. O forse mi piace anche chiamarla così perché è qualcosa che associo a quello stato: manca la capacità di reato. E quello che mi torna facile è il tuo sguardo libero, sincero, diritto. Qualche giorno fa ho incrociato invece un fuoco diverso, come se tu puntassi a una distanza che io non vedevo. E più mi sforzavo, più non ci trovavo niente, laggiù, in un punto che non sapevo esistere. Per qualche attimo mi sono chiesto, confuso, se fossi io miope. Strizzavo le palpebre, nessuna nuova immagine. Ho cambiato, scosso, d’improvviso il soggetto: dal vuoto senza fondo sono … Read More

Sum ergo sum

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Coniugazione del verbo essere, tempo indicativo presente, prima persona singolare. Sono. Io sono: ci si attacca poi il pronome che normalmente sta sottinteso perché così si rafforza l’identità di proprietà, di possesso, me stesso. Di chi è quel “sono”? Mio. Essere distacca con larga soluzione di continuità una miriade di altri verbi personali: appartenere, sostenere, parteggiare, seguire. Oggi da qualche parte qualcuno mi chiede di non stare, di non schierarmi, di non inneggiare. A malincuore debbo rispondergli che non mi è possibile farlo, ma non perché io non lo voglia, ma perché io non lo sono. Non appartengo, non supporto, non mi associo. L’ho fatto … Read More

Osmosi

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Ci sono spazi di tempo dove non solo non esce niente, ma nemmeno entra. Appaiono pezzi di storie che rimbalzano sulla corteccia più esterna, senza diventare germoglio, fiore, frutto. È un ritardo della gestazione: ben radicata nel terreno che finalmente ha trovato, essa sta molto lentamente prolungando le sue radici fin dove le è possibile. Scova nutrimento, accumula, dorme di un letargo proficuo. Avviene così l’incontro con un inizio, un mezzo o una fine. Senza affannarsi troppo a scoprire da che parte girerà il prossimo corso della storia né di che sostanza siano fatte le mille anime dell’uomo. Allora verso. Prendo una direzione mentre svuoto. Questo fare spazio … Read More